Il quadro generale del sistema delle imprese in Italia – dati congiunturali

Il sistema economico italiano è, per definizione, caratterizzato dalla presenza di un numero elevato di operatori di piccola e piccolissima dimensione: nei settori dell’industria e dei servizi di mercato (escluse le attività finanziarie) vi sono in Italia 3,6 milioni di imprese attive nel 2015 (quasi 300 mila in meno rispetto al 2008), contro i 2,4 milioni della Germania (dove sono aumentate di 500 mila). Allargando la platea anche ai servizi alla persona, l’universo delle imprese raggiunge 4,2 milioni di unità nel 2015. La riduzione nel numero delle imprese attive tra 2008 e 2015 ha riguardato in particolare la manifattura e le costruzioni (-70 e -123 mila unità rispettivamente, corrispondenti al 15,0 e al 19,0 per cento dello stock del 2008) e, tra le classi dimensionali, soprattutto gli attori di più piccola dimensione, spesso coincidenti con le ditte individuali (rapporto annuale ISTAT 2018).

Secondo i dati ISTAT, aggiornati all’anno solare 2016, le imprese attive in Italia sono circa 3,4 milioni.

Il 94,2% di esse impiega meno di 10 addetti, il 4,2% da 10 a 49, lo 0,5% da 50 a 249, mentre le aziende con 250 addetti o più sono soltanto 3800 (lo 0,1% del totale). Per quanto riguarda la dimensione media essa è di 3,8 addetti.

Fra le categorie, prevalgono le imprese di commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli e motocicli con circa il 25% delle attività che impiegano circa il 20% degli addetti. Seguono le attività professionali, scientifiche e tecniche (16,7% con il 7,5% di addetti), le imprese di costruzione (11,6%con l’8% di addetti), le attività manifatturiere (8,8% con il 22% di addetti), le imprese di alloggio e ristorazione (7,4% e 8,3% di impiegati), sanità e assistenza sociale (6,6% con il 5,2% della forza lavoro), attività immobiliari (5,5% con l’1,8% di addetti) e via via tutte le altre fino allo 0,05% delle attività di estrazione di minerali.

Il recupero del settore manifatturiero, il secondo per dimensione in Europa dopo la Germania, è in atto dal 2014 (6,8 per cento nel quadriennio), ma il valore aggiunto in volume resta inferiore di oltre il 10 per cento rispetto al 2007. All’interno della manifattura si è avuta una forte ricomposizione, con la perdita di peso delle attività tradizionali del made in Italy (tessile-abbigliamento, arredo per la casa – dalle piastrelle ai mobili all’illuminotecnica agli elettrodomestici bianchi), a eccezione dell’alimentare, e la crescita di chimica, lavorazioni di materie plastiche, farmaceutica e, negli anni più recenti, dei settori automobilistico e dei macchinari.

Il rapporto annuale ISTAT 2018, mette in risalto che i centri decisionali sono fortemente concentrati nel Nord-est del Paese (con presenza di grandi centri decisionali attorno alle aree urbane di Roma e Milano), mentre sul resto del territorio prevalgono unità produttive governate da un centro decisionale esterno (sistemi locali in cui una quota elevata di addetti opera all’interno di unità locali dipendenti da imprese esterne all’area). Spiccano le localizzazioni storiche degli stabilimenti dell’industria automobilistica (Cassino, Termoli e Melfi) e gli altri sorti per effetto dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno (come Taranto), Frosinone (sistema locale della petrolchimica e della farmaceutica), Augusta in provincia di Siracusa, polo petrolchimico, Brindisi e Reggio di Calabria, entrambi sistemi urbani prevalentemente portuali.