Il Vino italiano dopo Vinitaly

Il giorno 10 di aprile si è chiusa a Verona una delle fiere più importanti del panorama internazionale nel mondo del vino. Il 53° Vinitaly ha registrato oltre 125mila presenze provenienti da 145 nazioni con un aumento del numero dei buyer esteri accreditati del 3% rispetto all’anno precedente per un totale di 33 mila presenze. 

Il settore vitivinicolo rappresenta una delle punte di eccellenza del sistema agroalimentare italiano. In effetti il mondo del vino si inserisce a pieno titolo nel cosiddetto Made in Italy agroalimentare che ha saputo superare la crisi e ha raggiunto i 60,4 miliardi di euro di valore aggiunto (33 mld dell’agricoltura, 27,4 mld dell’industria alimentare), 1,4 milioni di occupati, oltre 1 milione di imprese e 41 miliardi di euro di esportazioni.

E’ del tutto evidente, quindi, quanto il vino conti rispetto ai dati complessivi del settore agroalimentare diventandone un vero e proprio ambasciatore, ma scontando, nel contempo, prima di altri anche tutte le possibili criticità, quale ad esempio la guerra mondiale dei dazi che rischia di frenarne ambizioni e sviluppo.

In effetti la produzione italiana di vino continua nel suo trend di crescita che per il 2018 è straboccata attestandosi sui 54,8/mln di ettolitri tra vini e mosti, 13 milioni in più rispetto al 2017 che, a sua volta, è stato un anno estremamente critico per la produzione enologica europea ed italiana in particolare in quanto è stata la produzione più scarsa dal 2000.

L’Italia quindi si conferma al vertice della speciale graduatoria dei paesi produttori, seguita dalla rivale di sempre, la Francia, e dalla Spagna.

Il 2018 si è chiuso con un incremento delle esportazioni di vino, rispetto al 2017, del 3,3% pari a circa 6,2 miliardi di euro di fatturato. Si tratta di un vero e proprio record anche se non in linea con le aspettative ancora più ambiziose. In effetti a fronte dell’aumento suddetto, fa da contraltare la flessione dei volumi esportati, calati dell’8%pari a 19,9 milioni di ettolitri.

Le due principali destinazioni del vino italiano si sono confermate essere gli Stati Uniti e la Germania con le piacevoli sorprese rappresentate dalla Francia e dall’Australia. Non mancano motivi di insoddisfazione che provengono, in particolar modo, dai mercati orientali come Russia, Giappone e Cina che, insieme anche al mercato brasiliano, non si sono dimostrati all’altezza delle speranze e delle aspettative dei produttori italiani.

Se i dati relativi all’export venissero più sottilmente analizzati ci si accorgerebbe che la perfomance positiva italiana fa perno sul fatto che il 55% delle vino italiano esportato è bianco-fermo e spumante. In effetti il locomotore che sta trainando il settore si è dimostrato essere lo spumante con una crescita dell’11,2% in valore (1,5/miliardi di euro) e un aumento di quasi il 6% in volume (circa 3,9 milioni di ettolitri) con il Prosecco che registra un vero e proprio boom segnando un incredibile +15% a valore e +10% a volume.

Nel corso dell’ultimo ventennio l’Italia ha letteralmente cambiato pelle nel proprio export vinicolo, passando da Paese esportatore di vini rossi a Paese che si caratterizza, invece, come location d’elezione dei vini bianchi-spumanti.

Conseguenza di questo strano, ma evidente, fenomeno, dovuto soprattutto all’espansione sui mercati mondiali del Prosecco, è che l’Italia comincia ad essere percepita come un Paese a vocazione “bianchista”.

SINTESI STRUTTURALE DEL SETTORE VINICOLO ITALIANO (elaborata su dati Ismea e Istat)

Consumo di vino pro capite36 litri
Quote dei consumatori di vino sul totale della popolazione53% (28,6 milioni di persone)
Aziende agricole impegnate nella vitivinicoltura310/mila
Ettari coltivati a vigneto650.774
Media di ettari per azienda2 ettari
Fatturato 2017 del settore13 miliardi di euro
Vini DOCG74
Vini DOC332
Vini IGT118
% Vini DOP (DOCG+DOC) rispetto alla produzione vinicola 201841%
% Vini IGT rispetto alla produzione vinicola 201826,50
Export 2018 in miliardi di euro6,149 (+3,3% rispetto al 2017)
Regione più vitataSicilia con 99.000 su
652.000
Regione che è cresciuta di più negli ultimi 15 anniVeneto con 90.000 ettari
la DOP più imbottigliataProsecco Doc (439 milioni di bottiglie nel 2017)
Le prime 5 DOPProsecco Dop, Chianti, Prosecco Superiore CV., Montepulciano d’Abruzzo, Asti/Moscato)

La manifestazione veronese ha anche segnato una tappa importante nel tentativo di legare sempre di più il prodotto al territorio. In effetti è stata l’occasione per presentare il decreto firmato il 12 marzo dal ministro per le Politiche agricole,agroalimentari e forestali e del Turismo, Gian Marco Centinaio. Con tale decreto sono stati precisati gli standard minimi di qualità, le linee guida e gli aspetti fiscali in un settore particolarmente importante come quello del turismo enogastronomico, vero driver di viaggio per un crescente numero di turisti pari al 45% del loro totale con un aumento di oltre 48% rispetto al 2016. Con tale normativa si apre una fase nuova per l’enoturismo tricolore e rappresenta, ha affermato il ministro, “un passo in avanti necessario per regolamentare,disciplinare e promuovere il rapporto tra territorio, prodotti agroalimentari e turismo, soprattutto nelle zone a forte vocazione vitivinicola”.

il ministro Gian Marco Centinaio e Nicola Di Iorio

Il futuro del settore non può prescindere da una politica comunitaria più incisiva con una tutela più forte nei nuovi mercati tenuto conto che il Vecchio Continente è il maggior produttore mondiale di vino. Bisognerà sicuramente agire sulla leva di un prodotto da coniugare con il proprio territorio. In fondo è la vera forza del Made in Italy. Riuscire ad evocare la storia, lo stile di vita, la cultura di una terra che riesce ad emanare fascino e leggenda è il confine da superare senza indugi. I dati che arrivano, come si diceva innanzi, dall’oriente sono significativi e giusto per fare un esempio nel 2018 l’Asia, orientale ha importato 99 milioni di bottiglie francesi mentre dall’Italia sono state importate solamente 13 milioni di bottiglie. Pertanto riuscire a comunicare che il vino italiano, evitando inutili frammentazioni territoriali, non è altro che la sintesi della storia, della cultura, dell’ambiente e del sudore contadino di cui i borghi e le contrade italiane trasudano e straboccano.