Il 25 aprile non è un giorno qualsiasi.

Il 25 aprile ricorda quel giorno del 1945, verso la fine del secondo conflitto mondiale, con i tedeschi in fuga su ogni fronte e con una Italia dilaniata da una guerra trasformatasi anche in guerra civile, di fratelli contro fratelli, che ideologie orrende non possono giustificare se non considerando i difficili tempi che correvano.

Il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani – proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia, inquadrate nel Corpo Volontari della Libertà, di attaccare i presidi fascisti e tedeschi, imponendo loro la resa, alcuni giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate. In contemporanea, lo stesso CLNAI emanò il decreto legislativo con il quale assumeva il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano», stabilendo, tra le altre cose, la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti, incluso Benito Mussolini, che sarebbe stato raggiunto e fucilato tre giorni dopo.

Momenti tremendi. Il terrore e la morte hanno aleggiato a lungo nei cieli d’Italia in quei giorni, causando lutti e dolori, in ogni schieramento, le cui conseguenze nefaste si sono prolungate nel tempo anche nell’Italia repubblicana.

Il giudizio su quei momenti compete agli storici, a noi invece compete ricordare e celebrare una giornata che per l’Italia ha rappresentato uno spartiacque sul piano politico, militare, sociale ed ideologico.

La fine del fascismo mussoliniano consegna l’Italia alla democrazia repubblicana, ma in una condizione di estrema povertà e da nazione sconfitta che solo la lucida mente e la mano ferma di un grande statista come Alcide De Gasperi riuscì a nobilitare in qualche modo.

E’vero, la divisione del mondo del dopoguerra, sancita a Yalta dalle nazioni vincitrici del conflitto mondiale, ha segnato i destini del mondo e l’Italia riuscì a ricavare il proprio destino di prosperità nel perimetro occidentale, sotto l’ombrello protettivo degli Stati uniti d’America, sfiorando appena le nefandezze comuniste, “frizionando” al confine friulano il regime jugoslavo di Tito autore di una spietata pulizia etnica in chiave anti italiana.

Nonostante le difficoltà, l’Italia è riuscita a risorgere dalle rovine della guerra dandosi una Costituzione, democratica e moderna, e offrendo una speranza di crescita alle nuove generazioni.

La Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano divennero il perno di una democrazia, forse incompiuta, come qualcuno sosteneva, ma capace di assicurare e garantire al Paese una crescita negli anni sessanta a ritmi che oggi definiremmo cinesi, aiutata e puntellata da una Chiesa Cattolica in cerca anch’essa di un rinnovamento interiore della propria missione salvifica.

Il periodo delle stragi nelle piazze e sui treni, portate a termine per alimentare la “strategia della tensione” e per evitare “brusche svolte a sinistra”, le morti di grandi personalità come Enrico Mattei, non hanno impedito la crescita della democrazia che, richiamando un noto discorso di Pericle, poteva essere definita come “sotto tutela”. Ma pur sempre di democrazia si trattava.

Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, qualche anno dopo, divennero le due facce della medaglia più nobile della democrazia italiana, gli emblemi e gli alfieri di una nuova Italia. Ma sicuramente avrebbero voluto esserlo più a lungo, tenuto conto che il primo morì per mano di una rete terroristica di matrice “rossa”, di cui però ancora oggi si fa fatica a capire fino a che punto fosse autonoma o teleguidata ed il secondo, invece, morì subito dopo un comizio a Padova, dopo che, un decennio prima, in un suo viaggio “oltrecortina” a Sofia subì un incidente d’auto, le cui circostanze e modalità sono state sempre ammantate di mistero.

In quegli anni poteri occulti e organizzazioni malavitose hanno condizionato la vita dell’Italia.

Ma l’Italia ha seguitato a crescere, tra problemi e difficoltà, ed è tutt’oggi ben viva, inserita in un sistema di alleanze atlantiche ed europee, con un sistema industriale a volte zoppicante ma che rappresenta pur sempre il secondo sistema manifatturiero europeo, forte della sua cultura, del suo patrimonio artistico, del suo stile di vita e della sua bellezza.

Ma tutto è partito da quel giorno, il 25 aprile del 1945 i cui i morti da ricordare, di ogni schieramento, continuano a parlare al futuro degli italiani.