La crisi dell’impresa e dell’edilizia nel nostro paese ha mietuto, specialmente negli ultimi anni, tantissime “vittime” illustri con un settore, quello dei lavori pubblici, sempre più in affanno ed in attesa di una svolta che, però, al momento tarda ancora ad arrivare. Ed è proprio in questo contesto che, il decreto Sblocca-cantieri, si inserisce. La riforma degli appalti, fortemente invocata e voluta dal Governo giallo-verde, infatti, giunge a tre anni dall’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti, avvenuta il 19 aprile del 2016. E lo Sblocca-cantieri mira proprio ad una vera e propria rivoluzione di quest’ultimo, apportando ben 81 modifiche e correzioni ai 216 articoli complessivi del codice entrato in vigore appena tre anni fa.
Tante, tantissime, le novità. Fra queste, probabilmente la più importante, è quella rappresentata dal ritorno al Regolamento unico degli appalti, con il conseguente superamento delle Linee Guida dell’Anac. In sostanza, lo Sblocca-cantieri, mira a superare queste ultime sostituendole con un regolamento dall’impostazione rigida e vincolante venendo, così, incontro alle perplessità avanzate, specialmente dalle imprese e dai funzionari pubblici, all’interno del codice del 2016. Un ritorno al passato, quindi, che ha fatto però storcere il naso a Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, il quale ha voluto evidenziare, attraverso una valutazione preliminare pubblicata sul sito dell’Autorità nazionale anticorruzione, dubbi ed in incertezze sul nuovo decreto.
Nel mirino di Cantone, in particolare, la norma del provvedimento inerente alla semplificazione gli affidamenti sotto i 200.000 euro, definita dallo stesso presidente dell’Anac “pericolosa perché questi affidamenti sono numerosissimi soprattutto negli enti locali”. Altre perplessità riguardano, invece, “norme preoccupanti che riportano il ripristino dell’appalto integrato, un sistema che ha dimostrato di funzionare molto male” ed altre “che consentono eccessive deroghe per i commissari di Governo che sono nominati con un criterio che non individua con chiarezza quali sono le opere”. Inoltre, sottolinea ancora Cantone, “c’è anche la norma sui subappalti che ha una serie di rischi collegati all’infiltrazione mafiosa, ma è anche un norma pericolosa sul piano della qualità delle opere, perché i subappaltatori operano in regime di ulteriore risparmio”.
L’altra grande innovazione del decreto, nonché attuale tema di forte dibattito, è rintracciabile nell’utilizzo della figura del commissario straordinario per sbloccare le opere presenti sul suolo nazionale ancora ferme o in stato di stallo. Un commissario, nominato con decreto del presidente del Consiglio, che sarà rivestito di pieni poteri e che potrà superare qualunque autorizzazione o paletto normativo. Alla novità appena menzionata se ne aggiungono ulteriori rivolte, soprattutto, all’interno di un’ottica di semplificazione generale del quadro normativo ed amministrativo attinente ai pubblici affidamenti. Un esempio riguarda gli appalti sotto soglia comunitaria (5.548.000 euro), dove il criterio di aggiudicazione del massimo ribasso con esclusione automatica delle offerte anomale, a meno che l’appalto non abbia interesse transfrontaliero, diventa obbligatorio. Infatti, per tali appalti, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa può essere utilizzato solo previa motivazione. Altra novità importante è rappresentata dall’eliminazione dell’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori per alcune attività considerate particolarmente a rischio di infiltrazioni mafiose e l’estensione, da dieci a quindici anni, del periodo documentabile per dimostrare i requisiti per la SOA, attestazione necessaria per eseguire lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro. Come pure è importante la possibilità, per le amministrazioni, di ricorrere all’appalto integrato, purché il progetto definitivo venga approvato entro il 31 dicembre del 2020 ed il bando sia pubblicato entro 12 mesi.
La rivoluzione apportata dallo Sblocca cantieri, tuttavia, sembra non piacere affatto ai sindacati di Cgil, Cisl e Uil che, domani (28 maggio), scenderanno in piazza Montecitorio, a Roma, con lo scopo di scongiurare l’approvazione di una legge definita, dagli stessi, “pericolosa per il settore degli appalti pubblici e per i lavoratori. Con il decreto Sblocca cantieri – sottolineano ancora Cgil, Cisl e Uil – il Governo mira a stravolgere il Codice degli appalti pubblici e riconsegnare il sistema nelle mani delle consorterie dei comitati d’affari, in un paese come l’Italia ad altissima possibilità di infiltrazione mafiosa. Un provvedimento che produrrà meno lavoro sicuro e garantito”.