Il suolo, che più comunemente chiamiamo terreno, come è noto, produce beni e servizi fondamentali e non sostituibili per la vita dell’umanità; è sostegno alla produzione agraria, alimentare e forestale; è parte del territorio in cui è inserito; svolge un’importante funzione protettiva, tramite un’azione di filtro, che permette di mitigare gli effetti dell’inquinamento, ostacolandone il passaggio delle sostanze inquinanti nelle acque sotterranee; è l’elemento essenziale del paesaggio; è uno degli elementi chiave dell’ecosistema città; riveste un’importanza ed un interesse culturale notevole in quanto può conservare importanti testimonianze geo-paleontologiche, archeologiche e/o geo-archeologiche. Ognuno di noi si è avvicinato a questo grande elemento naturale seguendo la propria singola inclinazione, ma particolarmente importante in questo senso è l’approccio che ha l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) per l’attenzione che dà ai processi e alla diffusione delle informazioni in materia ambientale e per la profonda conoscenza dei processi stessi. Oggi ci sono strumenti in tale settore che pochi anni fa erano impensabili ma che purtroppo non sono stati ancora messi a sistema. Bisogna prendere atto delle funzioni ecosistemiche perse, di chi vuole avere un ruolo ancora più centrale e di chi sta lavorando come comunità scientifica per dare un contributo importante e per trovare nuovi strumenti operativi che aiutino anche gli uffici tecnici e gli urbanisti a creare maggiore consapevolezza nella tutela del paesaggio. Se non vengono quantificate le funzioni del suolo, a dispetto delle belle parole, rispetto all’enormità delle problematiche ambientali, abbiamo perso la sfida. Ogni secondo, ci dicono gli scienziati, perdiamo nel mondo otto metri quadri di suolo.
Il dato italiano, emerso dal rapporto annuale sul consumo del suolo in Italia curato dall’Ispra e dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, è anch’esso sconfortante in quanto il consumo di suolo nel 2017 ha continuato a crescere e nel 2018 le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 54 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, circa 15 ettari al giorno. Una velocità di trasformazione di poco meno di 2 metri quadrati di suolo che, nell’ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo.
Quasi un quarto (il 24,61%) del nuovo consumo di suolo netto tra il 2016 e il 2017, è avvenuto all’interno di aree sottoposte a vincoli paesaggistici. Di questo, il 64% si deve alla presenza di cantieri e ad altre aree in terra battuta destinate, in gran parte, alla realizzazione di nuove infrastrutture, fabbricati – non necessariamente abusivi – o altre coperture permanenti nel corso dei prossimi anni. I nuovi edifici,già evidenti nel 2017, soprattutto nel Nord Italia, rappresentano il 13,2% del territorio vincolato perso nell’ultimo anno.
Spostandosi sul fronte del dissesto idrogeologico, il 6% delle trasformazioni del 2017 si trova in aree a pericolosità da frana – dove si concentra il 12% del totale del suolo artificiale nazionale – ed oltre il 15% in quelle a pericolosità idraulica media.
Il consumo di suolo non tralascia neanche le aree protette: quasi 75 mila ettari sono ormai totalmente impermeabili, anche se la crescita in queste zone è ovviamente inferiore a quella nazionale (0,11% contro lo 0,23%).
Insomma un quadro di estrema drammaticità anche per i costi sociali che il Paese è costretto a sostenere in presenza di calamità figlie della disattenzione verso il fattore primario rappresentato proprio dal suolo.
Ci siamo mai chiesti quanta acqua un determinato tipo di suolo non assorbe più? Poi c’è il dramma culturale, la trasmissione della cultura dell’ambiente alle nuove generazioni.Nelle scuole c’è pochissima consapevolezza su che cosa è questo suolo. In verità, seppur con limitati contenuti, la tematica “suolo” trova un’insufficiente collocazione nell’intera durata della scuola dell’obbligo. Nel passaggio alla scuola secondaria la situazione non migliora, passando all’istruzione universitaria dove solo nella Facoltà di Agraria esistono corsi di Chimica del Suolo e, a volte, di Pedologia. In altre Facoltà, la trattazione del suolo è del tutto assente. Il fatto che nei Licei non si parli di suolo rappresenta una grave carenza culturale e, scorrendo alcuni libri di testo di Scienze, è frequente che il suolo venga associato a tipologie geolitologiche. Il rischio è che il suolo venga concepito come un’entità statica, priva di vita, e la cui perdita risulti indifferente per gli equilibri dell’ecosistema. È indispensabile pertanto che la tematica suolo trovi, a prescindere dal caso eclatante delle Università, una propria autonomia. A volte persino le associazioni ambientaliste, non sanno che il suolo ha una profondità, uno spessore, e che non è rinnovabile. Queste cose, per chi si interessa di suolo, sono banali ma in realtà richiedono un’assunzione di responsabilità. Il problema è che questo dramma culturale, non riguarda solo i ragazzi, riguarda tutti. Non c’è consapevolezza di che cosa sia il suolo e delle funzioni che esso svolge a Wiltshire o a Central Park che è diverso rispetto a Civitella d’Agliano o ad un comune e ad una forma di paesaggio vicino. Ed è un grido di allarme che è stato lanciato da tempo. Per svolgere tutte queste importantissime funzioni, il suolo ha una capacità (e aggiungerei bellezza) senza eguali. In Italia non abbiamo una legge per la protezione del suolo. Il mondo della ricerca ha ottenuto una proposta di legge (DDL 1181) presso il Senato della Repubblica, promossa da 20 associazioni scientifiche (AISSA); una petizione firmata da 1400 ricercatori – esperti di suolo – di tutti i paesi dell’Unione Europea. Ebbene, sono oramai trascorsi anni, mi piacerebbe sapere che fine abbia fatto! Nella scorsa Legislatura, il Parlamento, dopo un lungo lavoro di analisi, era quasi riuscito ad approvare un testo e, inoltre, dall’inizio di questa nuova legislatura sono state presentate ben 12 proposte di legge per il contenimento del consumo del suolo e per poter passare alla presentazione e approvazione di un testo di legge per l’arresto del consumo di suolo. Perché la situazione del consumo del suolo – e più in generale del degrado del suolo – è un quadro estremamente frammentato. Un pasticcio tutto italiano. Cosa pensiamo di ottenere se non abbiamo un quadro unitario di tutto il territorio nazionale? O forse siamo proprio noi, cittadini, istituzioni, professionisti, politici, che non conosciamo l’importanza del suolo, e lo gestiamo da ignoranti? Il suolo si rinnova con ritmi lentissimi, spesso di solo 0,1-0,2 mm in un anno. Tutti – ognuno nel proprio ambito – possono fare la propria parte, però il forte degrado impone una maggiore attenzione da parte delle Amministrazioni locali che spesso sono alla base di tale trascuratezza anche a causa della mancanza di un’adeguata legislazione e dell’assenza delle popolazioni locali nei problemi di gestione del territorio.