L’agricoltura italiana sul fronte della lotta ai patogeni

I prodotti agroalimentari italiani sono i più sicuri e sani al mondo e, anche se l’uso dei pesticidi in Italia è aumentato, è diminuita, di contro, la vendita dei prodotti pericolosi e con un elevato grado di tossicità come viene attestato dal Piano d’Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.

Gli anni 2014 e 2015 hanno segnato un vistoso rialzo di utilizzo dei pesticidi in Italia. Alla diminuzione delle vendite, inoltre, non corrisponde un’analoga diminuzione della presenza di pesticidi nelle acque. Nonostante tutto, però, l’uso dei pesticidi è sicuramente diminuito grazie all’introduzione del metodo biologico e alle nuove impostazioni di difesa. L’agricoltura biologica, generando meno residui, sembra essere anche l’unico sistema in grado di affrontare i cambiamenti climatici.

La definitiva approvazione da parte del Senato della legge sull’agricoltura biologica è un passaggio fondamentale per riuscire a lavorare concretamente per la sostenibilità dell’agricoltura italiana. La Camera ha approvato la mozione, in modo bipartisan, che prevede un limite all’utilizzo in agricoltura di prodotti chimici, maggiori controlli, la valorizzazione del metodo biologico, distanze di sicurezza dalle abitazioni, etc.

Le attuali crisi climatiche si stanno manifestando con eccessi termici e disponibilità idriche irregolari. Di tutto ciò ovviamente sono molto evidenti le conseguenze sulla fisiologia delle colture e le interazioni con i vari patogeni.

E’ anche vero, però, che queste sostanze non vengono utilizzate solamente in agricoltura.

In effetti i diserbanti chimici, o erbicidi, utilizzati per l’abbondante presenza di erba indesiderata ai bordi delle strade, una volta distribuiti, finiscono direttamente nei fiumi attraverso gli impianti di fognatura e nelle acque sotterranee. E non è poco.

Natalia De Vito, agronoma, alle prese con il Torymus Sinensis utilizzato per il controllo biologico del Cinipide Galligeno, nemico mortale dei castagneti

Ma veniamo ora ai trattamenti contro la Peronospora della vite, causata dal patogeno Plasmopara Viticola, la malattia crittogamica più grave della vite e che rappresenta in tutti gli areali della viticoltura italiana una delle patologie più importanti di questa coltura.

Le variazioni climatiche, attraverso l’ aumento delle temperature e le importanti precipitazioni primaverili,  concorrono a determinare infezioni dannose dal punto di vista qualitativo e quantitativo.

I nuovi concetti nella difesa della Peronospora partono da quelli che oggi noi agronomi chiamiamo “prevenzione ragionata”. Tale tipo di prevenzione parte dall’assunto di non fare interventi preventivi fini a se stessi basandoli su base fenologica ma interventi in considerazione degli eventi climatici, e in particolare, delle piogge, cercando il più possibile di anticipare le precipitazioni e quindi di proteggere la vegetazione. 

Fare assistenza tecnica in agricoltura, pertanto, sta diventando sempre più complesso. La conoscenza della modalità di azione e delle caratteristiche chimiche dei singoli principi attivi è fondamentale per indirizzare l’agricoltore verso una corretta gestione della difesa fitoiatrica.

I  prodotti a disposizione ovviamente sono tanti. Si tratta di prodotti di copertura ma anche di tutti quei prodotti che in questo periodo possono contribuire a garantire un controllo elevato, soprattutto per quanto riguarda le infezioni primarie. Per quanto riguarda poi il pericolo fondamentale che è quello in pre e post fioritura, ci sono a disposizione le fenilammidi che riescono a garantire un controllo di questa delicatissima fase fenologica che, se interessata dalla malattia, può portare a danni veramente consistenti. Per il periodo post-fioritura, praticamente dall’allegagione in poi, la farmacopea da qualche anno ha fornito un pacchetto di prodotti caratterizzati dalla capacità di interagire con le cere epicuticolari e che riescono a  proteggere adeguatamente il grappolo dalle infezioni larvate. In questa fase di difesa, un altro elemento è la problematica delle resistenze. Laddove sia necessario utilizzare prodotti caratterizzati da una spiccata attività monosito, cioè con un meccanismo di azione specifica, quest’ultimi non devono essere mai utilizzati da soli ma sempre in associazione ad interventi con prodotti di copertura e non bisogna mai intervenire con infezioni in atto. Ovviamente l’intervento di tipo agronomico contro la Plasmopara Viticola va inteso come un ausilio alla difesa chimica e non come pratica alternativa. Tuttavia è importante tenere la vegetazione distante dal suolo, dove è presente una maggiore umidità, ed eliminare le femminelle in eccesso, perché si trovano nella parte alta della pianta che è quella meno raggiungibile dai trattamenti. L’eccessivo rigoglio vegetativo, inoltre, impedisce anche una sana ventilazione della chioma, incrementando l’umidità e costituendo un ostacolo alla penetrazione dei trattamenti chimici ma, a mio avviso, è preferibile limitare le operazioni di defogliazione in zona grappolo in fase di accrescimento in presenza di temperature molto alte per non generare ustioni e provocare la perdita di profumi.

Mi preme sottolineare la prova di difesa contro la Peronospora eseguita nella zona di Conegliano Valdobbiadene (zona del Prosecco Superiore DOCG), seguendo le direttive del Protocollo del Consorzio di Tutela del Prosecco di Conegliano- Valdobbiadene. Un’area che, come è noto, si estende su un territorio collinare situato a 50 km da Venezia e circa 100 dalle Dolomiti. La viticoltura qui ha origini antichissime ed è una zona dove il problema della Peronospora ha sicuramente un certo peso. Ebbene, il Protocollo viticolo in questa zona prevede l’utilizzo di prodotti a basso impatto ambientale e la prova ha dato risultati molto importanti ed utili per il futuro per un controllo sempre più puntuale del patogeno. Ovviamente la capacità di questo territorio e la sua tenacia sono indiscutibili. Non a caso proprio in questi giorni l’Italia ha brindato alle colline del Prosecco, ora riconosciute quale Patrimonio dell’Umanità: trenta chilometri di versanti scoscesi tappezzati di vigneti. L’auspicio più favorevole che si possa fare, è quello di cercare di utilizzare prodotti sempre più sicuri in grado di garantire un certo livello di protezione per salvaguardare contemporaneamente tutto il territorio italiano e per ripagare col successo il duro lavoro dei viticoltori.