Italiani poca gente

Istat, cala la popolazione in Italia. Nascite al minimo storico dall’Unità d’Italia.

“Siamo (e saremo ancora) un popolo che guarda avanti e investe sul suo futuro o invece dobbiamo perlopiù sentirci destinati a gestire e a mantenere il presente?”. (Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat)

Per la prima volta negli ultimi novant’anni l’Italia è in fase di declino demografico. Ormai siamo, subito dopo il Giappone, il Paese più vecchio del mondo. A dichiararlo è l’Istat nel recentissimo Report sul bilancio demografico (luglio 2019), che afferma che la popolazione italiana è scesa a 55 milioni 104 mila: 235 mila in meno rispetto all’anno precedente (-0,4%). Dal 2014 al 2018, la popolazione è diminuita di 677mila persone: una perdita pari alla scomparsa di una città grande come Palermo. A causare il declino sono in particolare due fattori: la diminuzione delle nascite, al minimo storico dall’Unità d’Italia, e l’aumento degli espatri: le persone che hanno lasciato il Paese nel 2018 sono quasi 157mila, con un aumento di 2mila unità rispetto all’anno precedente.

Il dato più allarmante è quello che riguarda il crollo delle nascite che è in atto dal 2008 e, che già a partire dal 2015, ha portato il numero dei neonati sotto il mezzo milione. Nel 2018 i neonati iscritti all’anagrafe sono stati 439.747, con un calo di oltre 18mila unità dal 2017 al 2018, pari al 4%. Il calo delle nascite si registra in tutte le zone italiane ma è più accentuato al Centro (-5,1% rispetto all’anno precedente).

Secondo l’Istat alla base del problema ci sono i “fattori strutturali” che si concretizzano principalmente in una progressiva riduzione delle potenziali madri.

Inoltre, negli ultimi anni ha iniziato progressivamente a ridursi anche il numero di stranieri nati in Italia, pari a 65.444 nel 2018 (il 14,9% del totale dei nati). Tra le cause, l’Istituto indica la diminuzione dei flussi femminili in entrata nel nostro paese e il progressivo invecchiamento della popolazione straniera.

Malgrado questo trend negativo l’Istituto di Statistica fa notare che negli ultimi quattro anni i nuovi cittadini per acquisizione della cittadinanza sono stati oltre 638mila. Senza questo apporto, il calo degli italiani sarebbe stato intorno a 1 milione e 300mila unità. Nel quadriennio, il contemporaneo aumento di cittadini stranieri ha permesso di contenere la perdita complessiva di residenti. Al 31 dicembre 2018 sono 5.255.503 i cittadini stranieri iscritti in anagrafe; rispetto al 2017 sono aumentati di 111mila (+2,2%) arrivando a costituire l’8,7% del totale della popolazione residente.

Il Report certifica anche che il numero di cittadini stranieri che lasciano il nostro Paese è in lieve flessione (-0,8%) mentre è in aumento l’emigrazione di cittadini italiani (+1,9%). Gli italiani che nel 2018 hanno lasciato il nostro Paese sono quasi 157 mila, con un aumento di 2 mila unità rispetto al 2017. Secondo le anticipazioni del Rapporto SVIMEZ 2019 la crisi demografica sta colpendo prevalentemente il Sud del Paese.

Contemporaneamente, sono in diminuzione i decessi, che si assestano sulle 633mila unità in linea con il trend registrato a partire dal 2012, ma in calo rispetto al 2017 (-15 mila). La diminuzione del numero di decessi si registra in quasi tutte le ripartizioni, con un decremento più consistente nel Centro (-4,3%) e nel Sud (-4,4%). Solo nel Nord-ovest si registra un lieve aumento (+0,4%). Il tasso di mortalità è pari a 10,5 per mille, varia da un minimo di 8,3 per mille nella provincia autonoma di Bolzano a un massimo di 14,3 in Liguria ed è legato alla struttura per età della popolazione.

Anche Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Molise presentano decrementi naturali particolarmente accentuati, superiori al 5 per mille.

Il deficit di nascite rispetto ai decessi si riscontra esclusivamente nella popolazione di cittadinanza italiana (-251 mila). Per la popolazione straniera il saldo è ampiamente positivo (+57.554) conseguenza della più alta natalità, rispetto agli italiani, e della bassissima mortalità in ragione del giovane profilo per età di questa popolazione.

L’Istat conferma poi il quadro multietnico del Paese: in Italia sono presenti quasi 50 nazionalità differenti con almeno 10 mila residenti. Le cinque più numerose sono quella romena (1 milione 207 mila), albanese (441 mila), marocchina (423 mila), cinese (300 mila) e ucraina (239 mila), che da sole rappresentano quasi il 50% del totale degli stranieri residenti.

La crisi demografica costringe a ripensare tutto: sviluppo economico, lavoro, welfare e politica estera. La scarsità di lavoro e il basso tasso di natalità determinano un crollo economico e demografico che rappresentano un quadro allarmante per la società.

Se in Italia la natalità è in crisi (anche a causa della carenza di servizi per l’infanzia pubblici e privati), in Francia si registra il più alto tasso di nascite per via delle politiche di sostegno alla famiglia.

Questo confronto suggerisce la necessità di intervenire il prima possibile perché siamo nel pieno di un malessere demografico per via della prolungata bassa natalità che non assicura un adeguato numero di nascite mentre gli effetti a catena dell’invecchiamento della popolazione sono drammatici: sanità allo stremo, scuole che chiudono, forza lavoro che manca, difficoltà a pagare le pensioni.

Il governo appena formatosi, a questo riguardo, sembra voler intervenire per correggere la rotta con politiche che favoriscano le famiglie (ad esempio, finanziando le rette di asili nido e micronidi a favore delle famiglie con redditi bassi e medi dal 2020/2021 e ampliando l’offerta di posti soprattutto al Mezzogiorno).

Le proposte sul tavolo sono senz’altro positive ma appaiono ancora insufficienti per invertire una tendenza che pare consolidata!