Le piazze del mondo, tra crescita e ribellione.

Le mani alzate dei dimostranti di Puerta del Sol, a Madrid (DOMINIQUE FAGET/AFP/Getty Images)

Mentre il popolo Curdo sembra completare il proprio ritiro dal confine turco-siriano in seguito al cessate il fuoco in conseguenza dell’intervento armato dall’esercito di Ankara, le piazze del mondo sembrano tutte in fermento.

Ad Hong Kong, la cosiddetta protesta degli ombrelli ha fatto emergere alcuni limiti della “democrazia” cinese. Come è noto fino al 1997 Hong Kong era territorio britannico per poi diventare una parte autonoma della Cina con alcune garanzie nel sistema giudiziario e legale salvaguardate almeno fino al 2047 ma che sembrano essere messe in discussione fin da ora.

A Barcellona, capitale di una Catalogna memore del suo antico lignaggio, le attività secessionistiche, giustificate appunto da una storia complessa, articolata ed affascinante, non smettono di agitare la piazza soprattutto a seguito delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto alcuni appartenenti al movimento secessionista.

La lista potrebbe continuare facendo riferimento soprattutto a quanto sta succedendo in Libano, ad Haiti, in Ecuador e, buon ultimo, in Cile a Santiago.

Sono proprio gli avvenimenti cileni che destano sorpresa e preoccupazione soprattutto perchè fanno emergere i fantasmi legati alle vicende della dittatura di Pinochet.

Al di là delle motivazioni contingenti che caratterizzano ognuna delle vicende che, in alcuni casi, assumono i connotati di una vera e propria rivolta nei confronti delle autorità costituite, il fil rouge che sembra legare le piazze del mondo è quello di una stanchezza nei confronti di una qualità della vita che non cresce e che viene annichilita da colpi furenti in materia di tassazione.

Anche la guerra dei dazi doganali tra Usa, Cina ed Europa, dopo il fallimento delle speranze a seguito della cosiddetta “primavera araba” del 2010 e 2011, si iscrive in questo mondo in fermento alla ricerca di un riposizionamento su livelli di vita più congeniali alle proprie aspettative e alla propria storia.

In questo contesto di sconvolgimenti sociali ed economici, il rischio che il sistema produttivo italiano sta correndo è veramente elevato.

L’Italia vanta un export che a tutto il 31/12/2018 ammonta a quasi 463.000 milioni di euro. Nonostante un contesto del commercio mondiale caratterizzato da dinamiche frenanti, l’export italiano è aumentato del 16,9% nel periodo 2008-2018, anche in presenza di un Pil nazionale che a fine anno 2018 fosse ancora del 3,1% inferiore al periodo precedente alla crisi mondiale.

Pertanto, è del tutto evidente come vi sia un forte interesse italiano a guardare agli avvenimenti mondiali con occhio critico e pronto a cogliere ogni opportunità.

In questo contesto il sistema produttivo italiano che si caratterizza per la presenza di una ossatura fatta di piccole e medie imprese necessita di una attenzione maggiore da parte degli organi di governo nazionale ed anche da parte degli organismi di rappresentanza dei propri interessi.

La Confederazione Nazionale Artigiani e Piccole Imprese (Co.N.A.P.I.), presieduta da Basilio Minichiello, ha da tempo operato la scelta di assecondare ed assistere il processo di internazionalizzazione delle aziende aderenti, grazie anche alla collaborazione del segretario confederale Gennaro Di Congilio.

Nei prossimi giorni il vicepresidente Giuseppe Fontanarosa, dopo aver attenzionato quanto sta succedendo in Cile attraverso continui contatti con collaudate ed esperte antenne imprenditoriali presenti nel paese andino, si recherà in Polonia insieme a Carlo Ciampi, Ceo e Founder presso Facilerent, per avviare, dopo averlo già fatto in Romania, una verifica sui punti di forza di un mercato appetibile per le imprese italiane e del Mezzogiorno, in particolare.