Vendemmia 2019: produzione -16%, ma l’Italia mantiene la leadership mondiale

Secondo Cotarella, presidente mondiale degli enologi, il fatto di avere meno produzione non” è proprio un male, dato che ci sono delle giacenze da smaltire. Importante è che riusciamo a mettere sui mercati prodotti di qualità”.

La vendemmia è l’attività agricola che consiste nella raccolta dell’uva che poi verrà impiegata nella produzione del vino. Sebbene richiami automaticamente l’autunno, in realtà il tempo in cui si vendemmia è ben più lungo e cambia da regione a regione in base alla situazione climatica. Ad aprire la vendemmia è la Sicilia nella prima settimana di agosto, seguita, a cavallo di Ferragosto, dalla Puglia e poi dalla Lombardia (Franciacorta) nella seconda decade di agosto. Successivamente tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, nella maggior parte delle regioni si svolgono le operazioni di raccolta per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon), e poi a seguire le altre regioni italiane, anche se esistono uve tardive che si raccolgono addirittura a novembre!

 Secondo l’indagine di Unione Italiana Vini, Assoenologi e Ismea, che per la prima volta lavorano in sinergia con l’obiettivo di fornire un quadro ancor più completo e dettagliato relativamente alle Previsioni Vendemmiali , quella del 2019 è stata una vendemmia “minore” in quantità (il calo è da imputare alle condizioni climatiche), rispetto all’abbondante 2018 (-16%), ma non scarsa (sui 46 milioni di ettolitri), mentre le esportazioni del vino italiano, tutto sommato, continuano a crescere (+11% a volume e +5,5% a valore).

Il primato produttivo regionale, nonostante una diminuzione in perfetta media nazionale del -16%, è del Veneto, che produce 11,2 milioni di ettolitri, davanti alla Puglia che ha toccato gli 8 milioni di ettolitri e all’Emilia Romagna (7,5 milioni di ettolitri). Seguono Sicilia (-20%, a 3,7 milioni di ettolitri), Abruzzo (-11%, a 3 milioni di ettolitri), Toscana (+10%, a 2,5 milioni di ettolitri) e Piemonte (-15%, a 2,4 milioni di ettolitri).

 Nonostante tutto sembra salva, anche per il 2019, la leadership mondiale del nostro Paese, dal momento che la Francia è attesa a un dato di 43,4 milioni di ettolitri (stima al 19 agosto ministero Agricoltura francese) e la Spagna non dovrebbe andare oltre i 40 milioni (dato ministero Agricoltura spagnolo).

Relativamente alla Campania le condizioni in vigna, salvo limitate eccezioni, fanno ben sperare per la qualità, mentre dal punto di vista quantitativo si stima un decremento complessivo in tutta la regione, rispetto allo scorso anno, compreso tra il 5 e il 10%, con evidenti variazioni da zona a zona a causa dell’eterogeneità che si registra nei territori della viticoltura campana. Comunque è da sottolineare che un’importante zona produttiva della provincia di Benevento ritorna quest’anno in piena produzione, dopo che, nei precedenti due anni, la stessa era stata completamente compromessa a causa delle gelate e grandinate.  

Per ciò che concerne le esportazioni, nel primo semestre dell’anno, i numeri evidenziano un andamento piuttosto omogeneo dal punto di vista geografico. Le aziende delle tre regioni chiave (Veneto, Piemonte e Toscana) sono cresciute del 4-5%, quindi leggermente meglio del resto d’Italia che è cresciuto dell’1% circa. Se invece guardiamo i dati per categoria dei vini in bottiglia, è evidente lo spostamento di una parte significativa dei bianchi IGT Veneti sulle DOC (per un valore di 50-60 milioni) che chiaramente scombussola la serie dei vini DOC e IGT, rispettivamente in crescita del 10% e in calo dell’8%.

 La quota più importante delle esportazioni (36%) resta quella delle aziende venete, che crescono del 4%, così come Toscana e Piemonte.

Tra le altre regioni, le esportazioni del Trentino Alto Adige crescono del 2,4% mentre tutte le altre regioni messe insieme, che rappresentano il 24% dell’export, sono praticamente stabili.

Al quadro positivo, finora delineato, si aggiunge la notizia -delle ultime ore- che l’intero comparto enoico italiano è stato escluso dalla blacklist e, almeno per ora, non dovrà fare i conti con i dazi voluti dall’Amministrazione Trump.

Il settore vitivinicolo rappresenta dunque una delle punte di eccellenza del sistema agroalimentare italiano. In effetti il mondo del vino si inserisce a pieno titolo nel cosiddetto Made in Italy agroalimentare che ha saputo superare la crisi e ha raggiunto i 60,4 miliardi di euro di valore aggiunto (33 mld dell’agricoltura, 27,4 mld dell’industria alimentare), e occupa 1,4 milioni di lavoratori. Questi numeri danno l’idea di quanto l’industria enoica possa ancora crescere e ci consentono di guardare al futuro con ottimismo.