Trentanove vittime di femminicidio dal primo gennaio 2019 al 30 giugno (dati associazione Sos Stalking). Ma la strage non si ferma. Da quando è stato varato il Codice Rosso, le donne che continuano ad essere uccise sono tantissime: una media di una ogni due giorni. E al femminicidio si aggiungono poi violenze che sfuggono ai dati!
Secondo i dati ISTAT, sono migliaia le donne che nel corso della propria vita sono aggredite, picchiate, perseguitate, sfregiate uccise da uomini che quasi sempre sono quelli che sostengono di amarle.
La presa di coscienza di un fenomeno così grave che affligge la nostra società ha portato il legislatore a adottare nuove misure per contrastare il fenomeno: sulla G.U. del 25 luglio 2019 è stata pubblicata la Legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”) denominata “Codice Rosso”, che è entrata in vigore il 9 agosto. Il testo include incisive disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori disposizioni di indole processuale.
La legge accelera l’iter dei procedimenti che riguardano i casi di violenza, a partire dalla denuncia che ha una corsia preferenziale.
Vengono velocizzate, inoltre, le indagini: ad esempio la polizia giudiziaria è tenuta a comunicare al pubblico ministero le notizie di reato immediatamente, anche in forma orale, e deve attivarsi tempestivamente. Da parte loro i pm sono obbligati a sentire le vittime entro tre giorni. Questo per evitare che reati come maltrattamenti, violenza sessuale, stalking, e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o di convivenza si reiterino senza interventi tempestivi delle autorità.
Con la nuova legge, inoltre, una donna ha ben 12 mesi a disposizione per denunciare il reato anziché i 6 della precedente norma.
Una delle novità più rilevanti della nuova legge è il braccialetto elettronico, che devono indossare gli uomini che hanno ricevuto un ordine di allontanamento e divieto di avvicinamento. Per chi viola la disposizione, la misura cautelare si aggrava e la persona in questione rischia una pena di reclusione fino a due anni.
In caso di maltrattamento sono estese le norme del codice antimafia che prevedono anche la sorveglianza speciale e l’obbligo di dimora in un altro comune per l’uomo violento. Pene più severe per i reati che avvengono in contesti familiari: la reclusione da due a sei anni prevista dal Codice penale all’articolo 572 diventa da tre a sette anni, aumentata fino alla metà se la violenza è avvenuta in presenza o a danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità o se il fatto è commesso con armi.
Con il Codice Rosso le pene per violenza sessuale salgono a 6-12 anni e se la violenza è di gruppo si arriva fino a 14 anni di carcere. In caso di vittime minori la pena massima è di 24 anni di reclusione. Inoltre, per gli atti sessuali con minorenni, “la procedibilità è sempre d’ufficio. Non è dunque più necessaria la presentazione della denuncia-querela dei genitori”.
Salgono le pene per il reato di stalking, “da sei mesi a cinque anni” di carcere a “da uno a sei anni e sei mesi”.
La nuova legge ha introdotto anche un nuovo reato contro chi sfregia una donna, punibile con la reclusione da 8 a 14 anni (ergastolo se causa la morte). Anche se per le associazioni interessate la legge non ha introdotto un altro reato, piuttosto ha agito sulle aggravanti.
La norma è severa anche in tema di “revenge porn” nei confronti di chiunque invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda foto o video a contenuto sessualmente esplicito di una persona senza il suo consenso: sono previsti da uno a sei anni di carcere e multe dai 5mila a 15mila euro. Aggravanti sono previste per l’ex partner che agisce via social. Maggiori tutele per disabili e donne incinte.
In caso di condanna per reati sessuali, la sospensione condizionale della pena viene subordinata alla partecipazione a percorsi di recupero ad hoc presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per reati sessuali.
Infine agli orfani di femminicidio viene riconosciuto un sostegno, anche economico, da parte dello Stato.
Tuttavia sono diverse le criticità individuate da vari soggetti nel Codice Rosso.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, ad esempio ha comunicato di essere preoccupato per «l’eccessiva rigidità» dell’obbligo dei tre giorni entro cui sentire la vittima, «senza operare alcuna distinzione tra i vari reati e senza consentire» al magistrato «una valutazione sull’opportunità dell’atto anche nell’interesse della persona offesa», che potrebbe andare incontro al fenomeno della vittimizzazione secondaria.
Cioè, il ‘codice rosso’ è certamente utile ed importante nella sostanza, ma il problema è come gestirlo e si rischia di non riuscire ad estrapolare i casi più gravi dalla marea di denunce, anche perché tutti i casi per legge devono essere trattati «con urgenza». Stando a quanto riferito da fonti giudiziarie gli uffici dei pm, sin dalle prime settimane di applicazione della legge, sono stati «sommersi –– da una marea» di segnalazioni di presunti abusi, violenze o atti persecutori, giorno dopo giorno: 40 quelle che arriverebbero in media ogni giorno sui tavoli del Palazzo di Giustizia di Milano. E il fenomeno coinvolge anche le altre città: boom di segnalazioni nella Capitale (20/23 le notizie di reato quotidiane), a Napoli (con picchi di 30 al giorno), persino a Piacenza (5 le denunce nell’ultima settimana). A ciò si aggiunge la carenza «drammatica» negli organici della Procura, ossia l’assenza di cancellieri e personale amministrativo che crea diversi problemi di gestione.
Anche i centri antiviolenza hanno ampiamente criticato il nuovo obbligo per i pm di sentire la vittima entro tre giorni perché le donne non sempre sono pronte alla denuncia nell’immediato.
Infatti va detto che coloro che entrano in contatto con persone spaventate, rassegnate a subire violenze, educate al silenzio e ai sensi di colpa, devono avere una preparazione altamente specializzata, proprio per la delicatezza delle domande da porre, non solo per far emergere elementi utili ad accertare i fatti denunciati, ma anche per comprendere la gravità della situazione. Ma i ventuno articoli del ddl accennano solo a un generico obbligo formativo per Polizia di Stato, Carabinieri e Polizia Penitenziaria.
Questo perché la norma contiene la clausola di invarianza finanziaria ossia non mette in campo un euro!
La legge è certamente un segnale culturale, ma senza investimenti, sembrerebbe non in grado di risolvere i problemi.
In conclusione, è fondamentale agire contro la violenza andando alle radici: impegnarsi sul piano educativo a partire dalla tenera età, insegnando ai bambini e alle bambine la parità di genere, il rispetto per le donne e per la loro libertà. Servono inoltre strutture che accolgano le donne vittime di violenza e i loro figli con persone qualificate che li accompagnino in tutto il percorso perché contro la violenza sulle donne le leggi non bastano. Il problema è culturale.