La relazione tra una Scuola che rifugge la sua mission e l’involuzione del Paese

Secondo l’indagine internazionale TALIS (The Teaching and Learning International Survey), condotta dall’OCSE su 260 mila insegnanti di 15 mila scuole in 48 Paesi del mondo, gli insegnanti sono di grande impatto sui risultati di apprendimento degli studenti.

L’indagine TALIS, ripetuta ogni cinque anni, ha come obiettivo principale di raccogliere informazioni – comparabili a livello internazionale – rilevanti per lo sviluppo e per l’attuazione di politiche incentrate sui dirigenti scolastici e sugli insegnanti, con particolare attenzione agli aspetti che influenzano l’apprendimento degli studenti.

Nel nostro Paese, purtroppo, c’è una forte carenza di competenze soprattutto nell’insegnamento in un ambiente multiculturale o multilingue e nell’insegnamento agli studenti appartenenti allo svantaggio di tipo socio-economico.

Gli insegnanti, rispetto ad un contesto demografico e tecnologico in evoluzione, hanno bisogno di migliorare la formazione iniziale e in itinere che consenta loro di acquisire e/o rinnovare le competenze necessarie nell’insegnamento in classi che presentano diversità culturali e linguistiche oltre che acquisire formazione sull’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

La politica italiana, come quella dell’UE, in materia di istruzione e formazione, ha da affrontare innanzitutto la sfida di ridurre la percentuale di abbandono scolastico. Un abbandono precoce con tendenza decisamente negativa per Italia, Svezia, Danimarca, Slovacchia ed Estonia (in ordine decrescente per dimensione della popolazione).

La partecipazione all’istruzione può essere misurata mediante dati su iscrizioni, qualifiche o test di prestazione. Sono i minori di 15 anni con svantaggio socio- economico a non raggiungere le competenze base soprattutto riguardanti la matematica e la lettura, e ciò incide sulle possibilità individuali di continuare a studiare, trovare e mantenere l’occupazione nell’età adulta, di far fronte ai rapidi cambiamenti tecnologici e svilupparsi come cittadini.

Sicché, condizioni avverse di fondo e il disimpegno dalla scuola, come anche la fornitura inadeguata di aule scolastiche, hanno associazione negativa con la resilienza, cioè con la capacità di organizzare e/o riorganizzare la propria vita.

Sviluppare competenze per la vita e l’occupazione future restano tra gli obiettivi fondamentalmente perseguiti dall’UE.

La combinazione di conoscenze, abilità e attitudine può supportare una più facile transizione verso il mercato del lavoro e verso prospettive di lavoro professionale. Così come l’educazione all’imprenditorialità, ma questa è quasi inesistente in fatto di obbligatorietà.

La ricerca TALIS ha, peraltro, stabilito che lo studiare all’estero crei mobilità futura associata a guadagni più alti e minore rischio di disoccupazione.

L’Italia, purtroppo, investe molto al di sotto della media UE nell’istruzione, in particolare in quella superiore. Il 34,4% degli studenti dell’ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado non raggiunge livelli di competenza alfabetica adeguata, e non va meglio negli istituti secondari di secondo grado, nemmeno con la lingua straniera. Il livello di istruzione terziaria è basso e la transizione dall’istruzione al lavoro rimane difficile: la qualificazione di orientamento generale ha una transizione meno facile nel mercato del lavoro (66,3% contro 79,5% dei laureati in possesso della qualificazione professionale). Emerge la necessità di una inversione di rotta.

I dati della ricerca TALIS sono confermati dal Rapporto Censis secondo cui la scolarizzazione degli italiani rispetto alla media UE è assai bassa. Più del 52% dei 60-64enni si è fermato alla licenza media, contro il 31% della media UE; tra i 25-39enni il 26,4% non ha conseguito un titolo di studio superiore, contro il circa 16% della media UE; il 14,5% dei 18-24enni (quasi 600mila persone) non possiede né il diploma, né la qualifica e non frequenta percorsi formativi.

I numeri più alti riguardano la popolazione nazionale maschile, i residenti del sud e gli stranieri. Secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), nel 2018 ha partecipato ad attività di apprendimento permanente (acquisizione continua di ruoli e competenze) solo l’8,1% della popolazione tra i 25 e i 64 anni. Inoltre, l’Ocse stima nel nostro Paese, la residenza di circa 13 milioni (47% della popolazione italiana) di analfabeti funzionali (presenti anche tra la popolazione laureata) vale a dire, ​incapaci di comprendere, valutare e usare criticamente le informazioni per lo sviluppo proprio e della comunità di appartenenza.