“La sicurezza sul lavoro è sempre stata scarsamente riconosciuta, soprattutto a causa della scarsità dei controlli”. Così Antonio Anghelone di Co.N.A.P.I. Reggio Calabria, pronto a sottolineare i molteplici sforzi realizzati sul campo per incrementare la cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro, quindi la prevenzione. “Il Covid non ha fatto altro che aprire una sensibilizzazione sulle procedure esistenti, che fino ad oggi erano rimaste totalmente sconosciute” continua. Dall’osservatorio della Confederazione calabrese emerge che la pandemia ha prodotto un sostanziale aumento del 30 per cento delle aziende che hanno investito in formazione e in materia di sicurezza. “Quanto a sicurezza sul lavoro la Calabria è al fanalino di coda in Italia: qui registriamo al percentuale più bassa in materia” spiega Anghelone.
Il referente di Reggio Calabria spiega che a marzo 7 aziende su 10 erano impreparate al punto di vista della sicurezza sui luoghi di lavoro e registravano la mera fase di avviamento delle attività, senza alcun aggiornamento. “A marzo 2020 solo il 30% delle aziende era in regola, ma di queste il 10% aveva adempiuto alla sicurezza soltanto nel settore alimentare, trascurando tutto il resto. Infine un ulteriore 30 per cento era completamente sprovvisto” continua. Qui il settore produttivo maggiormente rappresentato è quello del turismo e servizi. “Bar, ristoranti e attività commerciali rappresentano il tessuto economico e produttivo dell’area, insieme agli artigiani. L’industria qui è poco sviluppata e ci occupiamo prevalentemente di piccoli imprenditori”.
Dall’esplosione della pandemia un anno fa, Co.N.A.P.I. Reggio Calabria ha moltiplicato gli sforzi per consentire alle aziende di dotarsi di dispositivi di sicurezza individuali. “Una società esterna ha venduto a prezzi ragionevoli circa 30mila dispositivi ad aziende costrette a pagarle fino a 11 euro cadauna. In piena pandemia le mascherine sono arrivate a costare fino a 4 euro e 50, rendendo gravosa la dotazione per aziende e lavoratori. Con l’ente bilaterale E.Lav siamo riusciti a trasferire una quota di mille euro per l’acquisto dei dispositivi”. Ma con la fine della pandemia la corsa all’adempimento dell’iter previsto per la sicurezza sui luoghi di lavoro tenderà ad affievolirsi. “I dispositivi di sicurezza individuale rappresentano un costo ancora troppo oneroso per le aziende, e non riesce ad essere assorbito” indica Anghelone. “Dal Lazio a scendere l’Iva non è un incentivo ma rappresenta un costo, perché spesso gli imprenditori si trovano costretti ad versarla su fatture non pagate; certo non viene percepita come una partita di giro”.
Il Covid ha sicuramente scosso il tessuto imprenditoriale sulla necessità di investire in sicurezza, “ma è pur vero che in questi mesi sono state diffuse notizie contrastanti rispetto a quanto annunciato dagli operatori della sicurezza durante i corsi” puntualizza. “I dispositivi individuali sono monouso ma è stato detto che anche un utilizzo molteplice avrebbe prodotto la stessa copertura. Pagheremo lo scotto della cattiva informazione e il nostro indottrinamento risulterà vano. Oggi molti imprenditori aderiscono alle disposizioni di legge ma solo per non incorrere in sanzioni. Acquistano dispositivi solo per timore di controllo che di consapevolezza del rischio”.
Altra nota dolente, evidenziata anche dalla referente di Co.N.A.P.I. Mantova Antonella Esposito, è la mancanza di controlli serrati da parte degli enti preposti. “Il problema della sicurezza nel Mezzogiorno risiede nella cattiva gestione dell’apparato di controllo: molte aziende durante il Covid non sono state allertate dai consulenti del lavoro, complici di non avere affiancato gli imprenditori dell’avviamento delle attività intraprese. Abbiamo addirittura constatato che molti avevano provveduto alle certificazioni, ma erano inconsapevoli della durata degli atti prodotti, tali da esporli a rischi importanti. Personalmente ritengo che qui molte attività professionali sono il frutto della improvvisazione, e non si riesce a garantire la tutela dell’imprenditore in tutte le fasi evolutive dell’attività produttiva stessa. Se molti arrancano ad arrivare a fine mese e non c’è stabilità, le storture si ripercuotono sull’intero tessuto socio- economico” conclude.