“L’aumento del prezzo del pane applicato dai panificatori è giustificato e condivisibile”. Così Basilio Minichiello presidente di Co.N.A.P.I. Confederazione Nazionale Artigiani e Piccoli Imprenditori, che si pronuncia sull’aumento delle materie prime e quindi dei prezzi del pane e affini registrati nelle ultime settimane. “Gli aumenti derivano innanzitutto dal calo di produzione del grano duro canadese, ridotto del 50% e, in secondo luogo dall’aumento dei costi dell’energia. Di qui la decisione dei panificatori di aumentare il costo del pane” prosegue il presidente.
In qualità di rappresentante storico dell’Associazione Italiana Panettieri, Minichiello conferma il vivo interesse sulla questione e il supporto ai panificatori. “Il problema nasce dal Canada, che quest’anno ha abbattuto la produzione mettendo in ginocchio le filiere. Ma parliamo specificatamente di grano duro, che è un tipo di grano che non consente di essere stoccato. Il problema è nato nel marzo scorso, e la conseguenza è stata che tutti i prodotti della filiera del grano hanno avvertito rincari sui prodotti al consumatore. Pasta e prodotti da forno in particolare” spiega.

“In Europa il prezzo medio è di 3,50 euro al kg, mentre in Italia non abbiamo un prezzo di riferimento, in quanto insiste una profonda differenziazione tra Nord e Sud Italia, dove la forbice varia dai 4,50 a 1,70 euro al kg. I macro-mercati che si generano sui territori sono il frutto della qualità della vita in generale, ma anche dei prezzi stabiliti dalle borse del grano, ovvero quella di Bari e quella di Bologna”.
Il presidente di Co.N.A.P.I. sottolinea che il disagio dei panificatori risale alla liberalizzazione delle licenze del Decreto Bersani-Visco. “I panificatori sono stata l’unica categoria che non è riuscita a difendersi dalla liberalizzazione delle licenze, fortemente indebolita da questo decreto perchè ha perso quella autorevolezza che gli permetteva di produrre un quantitativo di pane certo, assegnato dalla concessione delle licenze provinciali. Sono entrati in campo grossi competitor che hanno danneggiato il piccolo artigiano e i panificatori sono rimasti segnati nel tempo. E oggi il mestiere è mal retribuito” continua Minichiello.
Il costo del pane misura lo stato di salute dell’economia di un territorio. Ma a differenza di chi grida alla speculazione sull’aumento ingiustificato dei prezzi, lievitati fino a 0.60 centesimi al kg, il presidente della Confederazione si erge a difesa dei panificatori e allontana l’ipotesi di aumenti ingiustificati. “La motivazione c’è ed è concreta: l’importazione del grano duro dal Canada è stata dimezzata e tutta l’industria alimentare ne ha risentito. A questo bisogna aggiungere l’aumento del lievito e del costo dell’energia, sia del gas che elettrica; e un aumento del costo del lavoro amplificato dalle difficoltà registrate per garantire il distanziamento e la sicurezza nei luoghi di lavoro”.
E conclude. “Mi auguro che il Governo possa valutare di ridurre l’Iva sulla farina per calmierare l’incremento del prezzo in atto, intervenendo sulla tassazione. E’ ovvio che se il costo delle materie prime aumenta, sarà il consumatore finale ad essere penalizzato nella sua capacità di acquisto”.