L’Ue proroga al 2023 gli interventi pubblici a sostegno delle aziende

Finora i sostegni statali autorizzati dalla Commissione sono stati più di 660 e ammontano a oltre 3miliardi di euro. Il sostegno riguarderà le imprese più piccole, che solitamente si affidano al finanziamento attraverso prestiti bancari, ma che possono essere ancora più indebitate dopo la crisi

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Via libera alla proroga degli aiuti di Stato per le aziende in difficoltà. L’Europa ha concesso il via libera fino alla fine del 2022 per quelli tesi ad agevolare gli investimenti privati e le Piccole Medie Imprese. La misura aperta per supportare le aziende durante la pandemia non si esaurisce nei prossimi mesi. La conferma ha il carattere della temporaneità, e deriva dalla necessità di evitare possibili interruzioni alla crescita. L’uscita dagli aiuti dovrà essere graduale, per consentire alle imprese di adeguarsi senza brusche interruzioni.

Finora i sostegni statali autorizzati dalla Commissione sono stati più di 660 e ammontano a oltre 3miliardi di euro. Il sostegno riguarderà le imprese più piccole, che solitamente si affidano al finanziamento attraverso prestiti bancari, ma che possono essere ancora più indebitate dopo la crisi. Il pacchetto include anche operazioni di ricapitalizzazione e finanziamento sul debito subordinato. L’Italia ha erogato aiuti che equivalgono al 6% del Pil, e si attesta fra i primi Paesi a livello europeo. Invece nella nuova disciplina gli importi presentano un tetto per ogni singola azienda.

Si passa dai 225mila euro per le aziende agricole, a 18,8 milioni per tutte le altre imprese non impegnate nella pesca e nell’agricoltura. Questa decisione arriva in concomitanza con l’arrivo di una prima riflessione della Commissione Europea sule modifiche da apportare al Patto di Stabilità. L’obiettivo è quello di raggiungere un’intesa fra tutti e 27 i Paesi entro la fine del 2022, ossia quando la sospensione del Patto sarà terminata.

Il nodo principale si stringe intorno ai parametri del debito e del deficit. La soglia del 60% nel rapporto debito/Pil appare poco realistica alla luce di quanto è accaduto negli ultimi due anni dopo la pandemia. I Paesi cosiddetti “frugali” sono contrari a qualsiasi correzione, dunque l’unica strada percorribile sarà quella di rivedere i regolamenti sulle procedure di rientro dal debito eccessivo.