In Senato si attende la legge di Bilancio, con l’articolato ancora oggetto di verifica e alcune misure che devono trovare la loro stesura definitiva. Ma non mancano da parte delle forze politiche, proposte di modifica che vanno dalle pensioni al fisco, dal reddito di cittadinanza ai bonus edilizi. Il nodo cruciale riguarda le pensioni, che guadagna il centro della scena in Parlamento e tiene alta la fibrillazione. infatti dopo Quota 102, il governo Draghi starebbe lavorando alla possibilità di garantire un’uscita dal lavoro anticipata per tutti, ma con un assegno con il sistema contributivo.
Uscita dal lavoro anticipata per tutti, ma assegno con il sistema contributivo. Draghi vorrebbe proporre ai sindacati un’ipotesi della riforma Fornero che supera la proposta Quota 102. L’esecutivo di Governo mira a estendere le uscite flessibili dal lavoro per tutti, ma con il contributivo che permetterebbe di mantenere in ordine i conti dell’Inps. Potrebbe essere equiparata ad una estensione dell’Opzione Donna, che in questi anni ha permesso il pensionamento con 58 o 59 anni di età e 35 di contributi. Ma con un taglio del 33% dell’assegno. Il Governo Draghi ha rinnovato l’opzione per un altro anno, e ha alzato l’età a 60 anni per le dipendenti e 61 per le autonome.
Il contesto di riferimento attuale supera gli scenari che hanno portato alla Legge Fornero. Le stime per il 2022 prevedono che l’85% dei pensionati si troverà in quello che viene chiamato il sistema misto: paga una quota retributiva sempre più piccola maturata fino al 1995 e poi tutto contributivo. Per un assegno che viene calcolato per il 65% con il metodo contributivo. Ovvero in base ai contributi versati e non agli stipendi presi.
Secondo l’Inps sono quasi 300mila i lavoratori nel retributivo al 31 dicembre 2020: hanno tra 57 e 67 anni e almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, prima della riforma Dini. I sindacati invece valutano altre ipotesi, non troppo distanti da quelle del Governo. Come ad esempio l’uscita a 64 anni di età con 20 di contributi, ma con un ricalcolo contributivo dell’assegno. L’idea del Premier Draghi è quella di confermare “Opzione tutti” per concedere libertà di scelta e fare in modo che si possa pesare sui conti solo come anticipo di cassa.
L’assetto era stato chiamato dall’Inps “Ape contributiva” e prevedeva la possibilità per un lavoratore di 63 o 64 anni di prendere la sua pensione (a patto che sia 1,2 volte sopra il minimo, cioè almeno 618 euro al mese) in due tempi: una parte subito e un’altra parte dopo 3-4 anni. Cioè al compimento dell’età della pensione di vecchiaia (67 anni). Nell’ipotesi dell’Istituto il primo pezzo corrispondeva alla quota contributiva, per cui la spesa per lo Stato è zero: il lavoratore la incassava subito in base ai contributi versati. La seconda tranche invece, equivaleva invece alla quota retributiva, parametrata agli ultimi stipendi, per consentirgli di arrivare a 67 anni, ma da prepensionato avrebbe potuto continuare a lavorare.
Verso una pensione di garanzia per i giovani
Le principali modifiche alla riforma delle pensioni riguarderanno dunque non solo un ulteriore allargamento alle donne e a nuove mansioni gravose del perimetro dell’Anticipo pensionistico sociale (che al momento è limitato a quelle in crisi). Si fa strada anche l’introduzione di una norma di principio per aprire la strada a una pensione di garanzia per i giovani. Le risorse intanto sono davvero limitate: appena 500 milioni.