Prezzi del grano alle stelle, manca la semola per la pasta

C'è chi denuncia una speculazione da parte dei marchi: cresce il prezzo del packaging e dei costi energetici e di trasporto. Oltre al pane saranno i pacchi di pasta a subire un incremento che varia dai 10 ai 20 centesimi

I granai hanno esaurito le scorte della produzione 2020-2021, e la produzione annua attesa per il 2022 è di 33 milioni di tonnellate. Sale all’11,2% l’incremento di raccolto di duro atteso in Italia mentre crolla del 27% la produzione canadese. Negli Usa il calo sfiora il 50%. Con questo scenario è certa una stangata nei prossimi mesi sul made in Italy. Ma c’è anche chi denuncia una speculazione da parte dei marchi. Infatti cresce il prezzo del packaging e dei costi energetici e di trasporto. Oltre al pane saranno i pacchi di pasta a subire un incremento che varia dai 10 ai 20 centesimi. Gli addetti ai lavori che operano nel campo della trasformazione addebitano al crollo di produzione canadese il cuore del problema.

Il Canada è il primo produttore al mondo di grano duro e quest’anno ha prodotto 5,3 milioni di tonnellate anzichè le solite 6,5. “Tra marzo e maggio non avremo abbastanza grano per fare la pasta” denunciano i produttori. Inoltre il grano può essere stoccato per un anno in più, mentre la semola dura solo un mese. Di qui le ripercussioni sui prezzi, che si sono già moltiplicati sul pane e che coinvolgeranno pasta e altri derivati.

Un report dell’Ismea, l’istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare “Tendenze. Frumento duro e pasta di semola” si evidenzia che le stime della produzione mondiale di frumento duro nel 2021 evidenziano un calo annuo del 2,1% a 33,1 milioni di tonnellate. L’esito produttivo fortemente influenzato dai raccolti del nord America, è diretta conseguenza della siccità. Infatti per il Canada si attende una contrazione della produzione del 27% che scende a 4,8 milioni di tonnellate. Anche i raccolti Usa risultano quasi dimezzati: – 46% nel 2020, scendendo a 1 milione di tonnellate e confermando un record negativo storico.

Ismea sostiene nello stesso report, che le attese sulla produzione in Europa invece dovrebbero aumentare dell’8,4% su base annua, attestandosi a 7,8 milioni di tonnellate, con livelli comunque più bassi, rispetto a quelli medi dell’ultimo decennio pari a 8,3 milioni di tonnellate. La produzione italiana per la campagna 2021-2022 dovrebbe far segnare un aumento dell’offerta dell’11,2% anche se insufficiente a soddisfare i consumi interni e le esportazioni.

Le quotazioni di grano duro sono arrivate alle stelle. Il duro extraeuropeo è passato in due anni da 290 a tonnellata a 375 euro; il grano italiano è aumentato del 16%. Infatti le quotazioni di grano duro alla borsa di Bologna sono schizzate a 500 euro a tonnellata, mentre a luglio erano a 335 euro. L’inflazione si acuisce con l’aumento del prezzo del packaging e dell’aumento del costo energetico.

Si grida alla speculazione. Si denuncia una discrepanza sospetta tra il costo delle materie prime, ovvero frumento duro e delle semole, che rischiano di determinare un aumento dei prezzi della pasta e del pane, a svantaggio dei consumatori. A questo si aggiunge che mentre crolla la produzione di grano duro, salgono le vendite della pasta. Proprio con il lockdown le vendite sono aumentate del 4,6%. Questo ha determinato la spinta a indicare l’origine del grano sulle confezioni.