Le micro e piccole imprese soffrono per tasse e burocrazia. Serve più sostegno per salvarle.
Secondo gli ultimi dati di Unioncamere e ISTAT, una micro o piccola impresa su due non supera i 5 anni di vita. Quelle che resistono, nella maggior parte dei casi, si spengono entro i successivi 7-10 anni. Non si tratta solo di dinamiche di mercato o errori imprenditoriali: il contesto fiscale e normativo in cui queste realtà operano è, di fatto, una delle cause principali del loro declino.
Le micro e piccole imprese (MPI) costituiscono oltre il 90% del tessuto imprenditoriale italiano. Non sono solo un motore economico, ma anche un importante presidio sociale e territoriale: generano occupazione, contribuiscono al gettito fiscale e mantengono viva la coesione delle comunità locali. Eppure, continuano a essere le più penalizzate da un sistema che sembra ideato su misura per le grandi aziende.

La pressione fiscale elevata e, soprattutto, la complessità normativa rendono praticamente indispensabile l’assistenza di consulenze fiscali specializzate. Un lusso che molte piccole realtà non possono permettersi. La mancanza di chiarezza tra obblighi e regole fiscali, unita alla continua stratificazione di norme e adempimenti, ha creato un sistema labirintico, in cui spesso l’unico modo per sopravvivere è affidarsi a scorciatoie “borderline” che consentano, nei limiti del possibile, di sostenere il peso delle imposte.
A peggiorare il quadro, gli studi di settore e i successivi indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), nati con l’obiettivo di premiare il comportamento virtuoso, si sono spesso rivelati strumenti punitivi. Più che individuare gli evasori, finiscono per mettere sotto pressione chi prova a restare regolare, schiacciato da parametri che non tengono conto delle reali dinamiche territoriali ed economiche.

Di fronte a questa situazione, è lecito chiedersi se lo Stato non stia rinunciando consapevolmente a una delle sue risorse più preziose. Le micro e piccole imprese non cercano privilegi: chiedono regole chiare, meno burocrazia e un fisco più equo. La sopravvivenza di questo settore passa necessariamente da una semplificazione normativa radicale, da una riduzione della pressione fiscale mirata e da politiche attive che riconoscano la funzione economica e sociale di queste realtà.
In un contesto economico segnato da instabilità e transizione, lasciare morire le piccole imprese equivale a perdere un pezzo di futuro. E, con esse, rischiano di scomparire valori fondamentali come la prossimità, l’identità locale, il lavoro dignitoso e l’imprenditorialità diffusa.