La moda è racconto visivo: ogni abito comunica identità, influenze culturali e visioni personali.
Nel mondo contemporaneo, la moda ha assunto un ruolo che va ben oltre la funzione estetica o la necessità pratica. Vestirsi è diventato un atto comunicativo, una forma di espressione personale e collettiva che riflette, interpreta e talvolta anticipa i cambiamenti culturali, sociali e artistici. Ogni abito, ogni accessorio, ogni scelta stilistica è un segno, un messaggio, una dichiarazione. La moda è oggi un linguaggio visivo che racconta chi siamo, da dove veniamo, cosa sogniamo e come vogliamo essere percepiti.
Le sottoculture urbane hanno avuto un impatto profondo su questo linguaggio. Movimenti come il punk, l’hip-hop, il grunge, il queer e il vintage hanno generato codici estetici che sono stati prima marginali, poi adottati e infine celebrati dalla moda mainstream. Questi stili non sono semplici tendenze: sono manifestazioni di identità, di resistenza, di appartenenza. Indossare un certo tipo di abbigliamento può significare aderire a una visione del mondo, rivendicare uno spazio, esprimere una posizione politica o sociale.
L’arte contemporanea ha contribuito a rendere la moda ancora più concettuale e provocatoria. Le collaborazioni tra stilisti e artisti visivi hanno trasformato il corpo in una tela e l’abito in un’opera d’arte. Le passerelle diventano installazioni, le collezioni si ispirano a movimenti pittorici, scultorei, performativi. Il confine tra moda e arte si dissolve, lasciando spazio a una contaminazione fertile che stimola la riflessione e l’immaginazione.
Il cinema, da parte sua, ha sempre avuto un ruolo centrale nella costruzione dell’immaginario sartoriale. I costumi dei film iconici influenzano le generazioni, definiscono epoche, creano archetipi.
Da Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany” a Tilda Swinton in “Orlando”, da i tailleur di Marlene Dietrich alle atmosfere cyberpunk di “Blade Runner”, il grande schermo ha modellato il nostro modo di pensare l’eleganza, la ribellione, la femminilità, la mascolinità, l’ambiguità.
In questo intreccio di influenze, la moda diventa specchio e motore della cultura. Non si limita a seguire le tendenze: le crea, le sovverte, le racconta. È uno spazio di libertà e di sperimentazione, dove il corpo si fa manifesto e il quotidiano si trasforma in performance. Chi indossa un abito partecipa a un racconto collettivo fatto di simboli, memorie e visioni. Vestirsi oggi è un atto di espressione, di resistenza, di sogno. È il nostro modo di stare nel mondo, di prenderne posizione, di lasciarne traccia. E in questa traccia, si scrive anche la storia di ciò che siamo stati, di ciò che siamo e di ciò che potremmo diventare.
Nel 1954, settant’anni fa, nasceva il Centro di Firenze per la Moda Italiana. Un’istituzione che, sotto la guida visionaria di Giovanni Battista Giorgini, diede vita alle prime sfilate a Palazzo Pitti, consacrando Firenze come culla del Made in Italy. Da quel momento, lo “stile italiano” non fu più soltanto un’espressione estetica: divenne un marchio di qualità, eleganza e identità culturale, riconosciuto e celebrato in tutto il mondo. Ma la storia della moda italiana non comincia negli anni Cinquanta. Affonda le sue radici nel Rinascimento, epoca di rinnovamento artistico e sociale, in cui tessuti, colori e forme iniziarono a riflettere il gusto e la raffinatezza di una nuova società. Da allora, lo stile italiano ha attraversato secoli di trasformazioni, contaminazioni e rivoluzioni, fino ad arrivare all’era contemporanea, dominata dal fast fashion, dalla sostenibilità e dagli influencer digitali.
A raccontare questa lunga e affascinante parabola è il libro Storia della moda italiana. Tessuti, riti e miti dal Rinascimento a Valentino, firmato da Michelangelo Iossa. Un’opera che non si limita a ripercorrere le tappe storiche, ma le intreccia con le storie di artigiani, stilisti, tessuti scomparsi e innovazioni all’avanguardia. Un viaggio appassionato tra passato e futuro, tra grandi firme e icone emergenti, alla ricerca della maestria che ha reso grande il nostro Paese. Con uno sguardo attento alle sfide del presente – dalla digitalizzazione alla sostenibilità – Iossa ci guida alla scoperta di un patrimonio culturale e produttivo che continua a evolversi, senza mai perdere la propria anima. Un tributo alla creatività italiana, alla sua capacità di reinventarsi e di emozionare, cucito con la precisione di chi conosce il valore di ogni filo, di ogni gesto, di ogni visione.
Dalla Grande Muraglia Cinese alle copertine di Marracash
Marina Abramović, ormai nota come “nonna della performance art”, avrebbe potuto incarnare l’immagine perfetta della disciplina e della tradizione familiare. Invece, ha scelto la ribellione. Il suo corpo è diventato un laboratorio vivente, un campo di prova per esplorare paura, dolore, resistenza e amore. Con Ulay, compagno di vita e di arte, ha realizzato alcune delle performance più intense del Novecento. In Relation in Time (1977) restano uniti per ore con i capelli intrecciati, simbolo di un legame tanto indissolubile quanto fragile. Ancora più drammatica è Rest Energy (1980): Marina regge un arco mentre Ulay tende la corda con una freccia puntata al cuore di lei. I battiti accelerati, amplificati nella stanza, trasformano il silenzio in tensione palpabile, sospeso tra amore e distruzione. La loro storia culmina nel 1988 con The Lovers: una camminata lungo la Grande Muraglia Cinese, partendo da estremi opposti per incontrarsi al centro.
Non fu l’inizio di una vita insieme, ma un addio poetico e doloroso. Ventidue anni dopo, al MoMA di New York, The Artist is Present (2010) trasforma l’incontro in leggenda: quando Ulay si presenta davanti a lei, il tempo sembra fermarsi, e poche lacrime silenziose diventano una delle scene più emozionanti dell’arte contemporanea. L’eredità di Abramović ha superato i confini dell’arte contemporanea, influenzando anche la cultura pop. Non a caso, la copertina di Noi, loro, gli altri di Marracash – in cui l’artista posa con Elodie – richiama la performance Rest Energy, segno di come il linguaggio radicale di Marina continui a risuonare nella sensibilità contemporanea. Nelle sue performance, l’arte smette di essere un oggetto da contemplare e diventa una prova da vivere: silenzio, dolore, resistenza. Un rituale che ci costringe a restare presenti e vulnerabili, senza possibilità di fuga.
L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando i mondi della moda, dell’arte e del cinema, diventando una nuova musa capace di generare opere complesse e sorprendenti. Tuttavia, cresce il dibattito su chi sia oggi il vero autore: l’umano, il software o la sinergia tra i due. Le tecnologie generative non solo amplificano la creatività, ma sollevano interrogativi etici e culturali profondi. In questo scenario, la sfida non è più se l’AI possa creare, ma quanto vogliamo affidarle il compito di farlo.
La sesta edizione di Italy Bares, intitolata Cliché: Tra Stereotipi e Inclusività, ha portato in scena al Teatro Repower di Milano uno spettacolo che unisce arte e impegno sociale per sensibilizzare su HIV, pregiudizi e accettazione. Oltre 150 artisti hanno dato vita a una narrazione coinvolgente e ironica, incentrata sulla famiglia Rossi e sul peso degli stereotipi. L’evento, a favore di Anlaids Lombardia ETS, ha trasformato la prevenzione in uno strumento culturale e artistico. Dal 2019, Italy Bares ha raccolto oltre 400.000 euro per la lotta contro l’HIV.
Roberto Capucci a Villa Pisani è una mostra che celebra il genio della moda italiana attraverso VENTIDUE abiti iconici, bozzetti originali e fotografie d’epoca. Allestita dal 17 maggio al 2 novembre 2025 nella splendida cornice barocca della villa veneta a Stra (Venezia), l’esposizione propone un viaggio immersivo nell’estetica visionaria del celebre stilista romano. Il percorso mette in luce l’evoluzione stilistica di Capucci, la sua sperimentazione sui volumi e l’uso scultoreo del tessuto. Un’occasione unica per scoprire come la moda possa dialogare con l’arte e l’architettura.
Dolce&Gabbana celebra l’Italia con una grande mostra e sfilate di alta moda a Roma durante il Giubileo 2025. Il brand omaggia la città eterna, simbolo di storia e tradizione, con un’esposizione al Palazzo delle Esposizioni che esplora l’evoluzione dello stile e dell’artigianalità italiana. L’evento, parte del “Grand Tour” del marchio, porta le sue collezioni nelle location più iconiche d’Italia, con Roma come nuova meta dopo il Sud Italia. La scelta della capitale si inserisce nel contesto del Giubileo, creando un perfetto connubio tra moda, arte e storia.
RICERCHE RECENTI DIMOSTRANO CHE VISITARE I MUSEI PUÒ RIDURRE SIGNIFICATIVAMENTE LO STRESS E L’ANSIA, GRAZIE ALLA STIMOLAZIONE DI AREE CEREBRALI COINVOLTE NEL BENESSERE EMOTIVO. L’ESPERIENZA MUSEALE, SIMILE ALLA MEDITAZIONE, FAVORENDO UN RILASSAMENTO MENTALE CHE AIUTA A MIGLIORARE LA CONCENTRAZIONE E L’UMORE, MENTRE L’ARTE EMERGE COME STRUMENTO TERAPEUTICO PER IL BENESSERE PSICOFISICO.
Negli ultimi anni, sempre più ricerche scientifiche hanno evidenziato il legame tra arte e benessere psicofisico. Uno degli studi più recenti, condotto dagli studiosi dell’Università Statale e della Bicocca di Milano, ha coinvolto circa 400 persone e ha dimostrato che visitare un museo, come la Galleria d’Arte Moderna o il Museo di Storia Naturale, può avere un impatto significativo sulla riduzione dello stress. L’esperienza museale stimola diverse aree cerebrali, contribuendo a un generale senso di rilassamento e benessere. Studi in neuroscienze hanno dimostrato che l’osservazione di opere d’arte attiva il sistema limbico, responsabile delle emozioni, e riduce i livelli di cortisolo, noto come l’ormone dello stress. Questo meccanismo è simile a quello della meditazione e delle pratiche di mindfulness, che aiutano a calmare la mente e a migliorare la concentrazione. Visitare un museo implica un’esperienza di contemplazione e rallentamento rispetto ai ritmi frenetici della vita quotidiana. Immergersi nelle opere d’arte permette di distogliere l’attenzione dai problemi e dai pensieri negativi, favorendo uno stato di mindfulness spontaneo. Questo processo aiuta a ridurre l’ansia, migliorare l’umore e promuovere il benessere mentale. Non è un caso che sempre più studi confermino l’importanza dell’arte nella prevenzione e nel trattamento di disturbi legati allo stress e all’ansia. Alcuni ospedali e cliniche hanno iniziato a integrare percorsi di arteterapia nei programmi di supporto psicologico, riconoscendo il potenziale della fruizione artistica come complemento alle terapie tradizionali.
L’arteterapia nasce dall’incontro tra arte e psicologia, sviluppandosi nel corso del XX secolo come disciplina strutturata. Tuttavia, l’idea che l’arte abbia un valore terapeutico è molto più antica e affonda le sue radici nelle pratiche rituali e simboliche delle civiltà primitive. Fin dall’antichità, l’arte è stata utilizzata come strumento per esprimere emozioni, elaborare eventi traumatici e connettersi con la spiritualità. Le pitture rupestri, le danze tribali e le sculture totemiche avevano spesso una funzione terapeutica e comunicativa. L’arteterapia come disciplina moderna nasce dall’evoluzione della psicoanalisi e dall’interesse degli studiosi per i processi creativi come espressione dell’inconscio. Tra la fine del XIC secolo e l’inizio del XX Sigmud Freud teorizzò che le immagini e i simboli dell’inconscio potessero emergere attraverso l’arte, mentre Carl Gustav Jung approfondì il concetto di immagini archetipiche, suggerendo che il disegno e la pittura potessero rivelare aspetti profondi della psiche. O ancora Margaret Naumburg, artista, educatrice e psicologa americana, considerata la ‘madre dell’arteterapia’, introdusse l’arte come strumento terapeutico negli Stati Uniti, sottolineando come la creazione artistica potesse essere un’estensione del pensiero inconscio. Creò programmi in cui i pazienti esprimevano le proprie emozioni attraverso il disegno e la pittura. Fu poi negli anni ’70 che divenne una pratica consolidata in ambito clinico e riabilitativo, fino ad essere riconosciuta oggi come terapia a tutti gli effetti.
Le istituzioni culturali possono essere incisive in questo contesto sviluppando programmi e iniziative che promuovano il benessere attraverso l’arte. Ad esempio, organizzando visite guidate immersive, laboratori esperienziali e percorsi sensoriali dedicati al rilassamento e alla meditazione. Inoltre potrebbero collaborare con professionisti del settore sanitario per creare programmi di arteterapia accessibili a tutti. E spesso questo avviene! Valorizzando il proprio patrimonio in chiave terapeutica, i musei e le istituzioni culturali non solo ampliano il proprio pubblico, ma rafforzano anche il loro ruolo sociale, trasformandosi in luoghi di cura e crescita personale oltre che di conservazione e studio. In questo contesto, sia la persona che l’arte traggono beneficio grazie a un circolo virtuoso tra benessere e cultura. Più persone frequentano i musei per il loro valore terapeutico, più queste istituzioni vedono aumentare la loro rilevanza sociale. Questo porta a un maggiore coinvolgimento del pubblico, una crescita degli investimenti nella cultura e una valorizzazione continua del patrimonio artistico. L’arte, per sua natura, vive attraverso l’osservazione e l’interazione con il pubblico: un’opera non vista è un’opera dimenticata. Questo meccanismo crea una relazione vantaggiosa per entrambi: le persone trovano nell’arte uno strumento di benessere, mentre i musei e le opere d’arte ricevono maggiore attenzione e cura, diventando non solo spazi di conservazione, ma anche di esperienza e trasformazione personale.
UN VIAGGIO NEL MONDO DELLA MODA ATTRAVERSO FILM E DOCUMENTARI CHE RACCONTANO LE VITE E LE CREAZIONI DEI PIÙ GRANDI STILISTI, TRA SUCCESSI, SFIDE E INNOVAZIONI CHE HANNO CAMBIATO PER SEMPRE L’ESTETICA E L’INDUSTRIA DEL FASHION.
La connessione tra cinema e moda è profonda e complessa, e ha evoluto nel corso dei decenni in molte direzioni. La moda, come forma di espressione culturale e sociale, ha avuto un impatto significativo nel plasmare l’estetica cinematografica, mentre il cinema, a sua volta, ha contribuito a definire le tendenze della moda stessa. Il cinema ha esplorato il mondo della moda in vari modi, da film biografici su stilisti famosi a storie che raccontano l’universo dell’alta moda, delle sfilate e della cultura del fashion. A seguire alcuni dei film che si concentrano sulla moda e le sue implicazioni. –The Devil Wears Prada, 2006. Un film simbolo del mondo della moda, che segue la giovane Andrea Sachs (interpretata da Anne Hathaway), assunta come assistente per la potente direttrice della rivista Runway, Miranda Priestly (interpretata da Meryl Streep). Il film offre una visione satirica della moda, dei suoi eccessi e delle dinamiche di potere all’interno del settore. -Coco Before Chanel, 2009. Film biografico che racconta la vita di Gabrielle “Coco” Chanel (interpretata da Audrey Tautou) prima che diventasse la stilista iconica che rivoluzionò la moda femminile. Esplora le sue origini umili, la sua visione innovativa e come ha sfidato le convenzioni della moda del suo tempo. -Yves Saint Laurent, 2014. Altro film biografico che racconta la vita del celebre stilista francese Yves Saint Laurent (interpretato da Pierre Niney), dalla sua ascesa nel mondo della moda all’incontro con il suo amante e partner commerciale Pierre Bergé. Il film esplora la sua carriera, i suoi tormenti e la sua influenza sulla moda del XX secolo.
–Diana Vreeland. The Eye Has to Travel, 2011. Un documentario che esplora la carriera di Diana Vreeland, leggendaria direttrice di Vogue e icona nel mondo della moda. Il film racconta la sua vita e il suo impatto sulla moda, la fotografia e la cultura visiva. –Dior and I, 2014. Documentario che offre uno sguardo intimo e coinvolgente nel dietro le quinte della creazione di una collezione haute couture per Christian Dior. Diretto da Frédéric Tcheng, il film segue il debutto di Raf Simons come direttore creativo per la maison Dior, nel 2012, e il processo che ha portato alla sua prima sfilata di alta moda. –Elio Fiorucci: Free Spirit, 2020. Documentario che offre una visione unica di uno dei più importanti innovatori della moda del XX secolo. La sua capacità di abbracciare il cambiamento e di fondere moda, arte e cultura popolare ha lasciato un’impronta indelebile sulla moda contemporanea. Il film è una celebrazione non solo di un designer, ma anche di una visione della moda che ha sfidato le convenzioni e ha dato spazio alla libertà espressiva. Fiorucci ha dato forma a una moda che non è mai stata solo estetica, ma un modo di vivere e pensare.
–Valentino: The last Emperor, 2008. non è solo un documentario sulla moda, ma anche un ritratto di un uomo che ha dedicato la sua vita a creare bellezza. La sua capacità di rimanere fedele alla sua visione estetica, pur affrontando le sfide del cambiamento e delle pressioni commerciali, è il cuore del film. La sua storia è anche una riflessione sul concetto di arte nella moda e sul modo in cui l’industria può evolversi senza perdere la sua essenza. Il film è una testimonianza di un’era che sta finendo, quella della couture tradizionale e dell’artigianato impeccabile, e segna anche la fine di una grande epoca nella moda. Valentino, con la sua eleganza senza tempo, resta un simbolo di un mondo che, pur essendo cambiato, ha lasciato una traccia indelebile nel panorama della moda mondiale. –Becoming Karl Lagerfeld, 2023. Diretto da Ruth Fuchs, il film offre uno sguardo intimo sulla figura di Lagerfeld, non solo come stilista di fama mondiale, ma anche come persona complessa, affascinante e misteriosa. Lagerfeld è stato un personaggio che ha saputo navigare tra il mondo dell’arte, della moda e del business con una visione unica, e questo film cerca di raccontare l’uomo dietro il mito. Il documentario non si limita a celebrare la sua carriera e il suo successo, ma offre anche uno spunto su come Lagerfeld sia stato una figura centrale nel modellare il panorama della moda moderna, influenzando le generazioni future di designer e appassionati.
–Cristóbal Balenciaga: The Art of Fashion, 2019. Tributo all’unico e inimitabile Cristóbal Balenciaga, una delle figure più affascinanti e significative della storia della moda. Il documentario non solo celebra la sua arte, ma esplora anche il contesto sociale, culturale e artistico in cui ha creato le sue opere. Balenciaga non era solo uno stilista, ma un vero e proprio artista che ha saputo combinare l’innovazione con la tradizione, rivoluzionando il concetto di eleganza e creando abiti che sono considerati ancora oggi esempi di perfezione sartoriale. –High and Low: John Galliano, 2017. Documentario che non solo celebra il talento e l’arte di uno dei designer più innovativi e controversi della moda contemporanea, ma esplora anche il lato umano di Galliano. La sua carriera, fatta di alti e bassi, è un esempio di come il genio possa essere accompagnato da fragilità personali e lotte interne. Il film invita a riflettere sul confine sottile tra la genialità e l’autodistruzione, e su come la moda, in quanto industria, possa essere tanto spietata quanto ispiratrice. Galliano è mostrato come un artista che ha affrontato il suo lato oscuro e che, attraverso il suo processo di recupero, ha trovato una nuova prospettiva sulla sua arte e sulla sua vita. “High and Low: John Galliano” è una testimonianza potente e umana di un uomo che ha saputo rialzarsi dopo una delle cadute più spettacolari della moda.
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